Durante la prima guerra mondiale, il porto militare di Ancona, a causa della sua felice collocazione al centro dell'Adriatico, di fronte alla costa dell'Istria e dalla Dalmazia (all'epoca facenti parte dell'Impero austro-ungarico), divenne, dal 12 febbraio al 27 ottobre 1918, la base di una squadriglia di MAS (Motoscafi Armati Siluranti), imbarcazioni d'assalto della Regia Marina Militare Italiana. Per questa ragione ebbe un ruolo in tre episodi della guerra sul mare e che segnano momenti di rilievo della Storia Militare Marchigiana. Questo momenti sono: la Beffa di Buccari del febbraio 1918, che è stato pubblicato con post in data 15 maggio 2020; oggi pubblichiamo il colpo di mano austriaco dell'aprile 1918 e, nella data anniversaria del 10 giugno pubblicheremo l'azione dei MAS contro la Squadra austriaca a Premuda, 10 giugno 1918.

Nel marzo 1918 il giovane ammiraglio Nicolaus
Horty de Nagybaanya fu nominato comandante
in capo della flotta austro-ungarica e – come prima mossa –
mise subito allo studio una serie di operazioni navali che potessero vendicare
l'offesa all'orgoglio della Marina
austro-ungarica determinata dalla “Beffa di Buccari”, che, se aveva
provocato solo limitati danni materiali, aveva invece gravemente minato il
prestigio della marineria asburgica.
Egli valutò che la minaccia più grave venisse dai MAS e dai sommergibili
italiani, e dalla loro base di Ancona.
Così ordinò al suo Stato
Maggiore di progettare un’incursione dentro la piazzaforte
marchigiana, al duplice scopo di distruggere quei mezzi navali così insidiosi
per i navigli austriaci e ridare smalto alla credibilità della Imperial-Regia Marina,
risollevando il morale della flotta.
Venne quindi ideato un piano
ardito: nel pomeriggio del 4 aprile 1918 un commando di 59 incursori,
costituito da marinai austriaci, magiari, croati e quattro di madrelingua
italiana, si imbarcò a Pola
sulla Torpediniera
“Tb 96”, che salpò con
una grossa motolancia a rimorchio.
Il manipolo era al comando del tenente
di vascello conte Joseph
Weith e comprendeva inoltre 4 cadetti (allievi ufficiali).
Alle ore 21 circa, dopo una navigazione tranquilla, giunti a quindici miglia a
nord-est di Ancona, il gruppo passò sulla motolancia e proseguì in direzione
della costa. A due miglia dalla riva, fermato il motore, la navigazione
proseguì a remi. Molti dei marinai, tutti in regolamentare uniforme austriaca,
si erano bendati la testa e fasciati per simulare, in caso fossero stati
intercettati, la condizione di naufraghi.
..

Verso le ore 2 del 5 aprile la barca approdò sul litorale della località
Marzocca
di
Senigallia,
a diciassette chilometri da
Ancona
(in realtà l'approdo sarebbe dovuto avvenire sulla spiaggia vicina alla
frazione di
Torrette di
Ancona, a circa
due chilometri dalla città dorica; l'errore fu causato dalle correnti e dalle
luci della
stazione
ferroviaria di
Falconara
Marittima, scambiata da
Weith
per quella di Ancona).
L'obiettivo della missione dei militari austro-ungarici era l'assalto ai
sommergibili ed
ai
MAS
alla fonda nel
porto di Ancona, con l'eliminazione
dei loro equipaggi e, possibilmente, anche del loro comandante, il
capitano di corvetta Rizzo
[2]
e l'affondamento dei sottomarini. Successivamente il
commando sarebbe
dovuto fuggire con i
MAS
italiani, dopo aver distrutto o danneggiato il pontone
corazzato posto all'ingresso del porto a difesa della base navale.
Il rientro al porto di
Pola
a bordo dei MAS catturati avrebbe concluso l'impresa, con un grande effetto
propagandistico, che sarebbe valso a risollevare il morale dei militari e della
popolazione austro-ungarica.
Raggiunta la strada costiera, gli austriaci s’inquadrarono per quattro,
ufficiali in testa e, a passo cadenzato, si avviarono verso Ancona pensando di
raggiungerla in un paio d’ore. Dopo cinque ore di marcia, invece,
Weith dovette
amaramente constatare di essere arrivato solamente nei pressi di
Falconara.
A causa dell'errore sulla località di sbarco, gli incursori non riuscirono a
raggiungere il porto di Ancona per l'alba del 5 aprile, come previsto dal
piano, e furono costretti ad un cambiamento di programma, occupando
manu militari
un'abitazione colonica isolata, fuori strada, in località
Barcaglione di
Ancona, sita in
posizione elevata con vista sulla costa e sul
porto di Ancona, dove rimasero fino
alla sera del 5 aprile, osservando dall'alto i movimenti all'interno del porto
e inviando uno dei marinai a spiare le manovre del nemico.
Nel frattempo, una pattuglia della
Guardia di
Finanza in perlustrazione sul litorale di
Marzocca scoprì la motolancia
austriaca e diramò l’allarme. Immediatamente pattuglie di
carabinieri e
dell’
esercito iniziarono i rastrellamenti
nell’area, valutando quale possibile obiettivo degli austriaci gli impianti
aeronautici di
Jesi. La
motolancia austriaca venne rimorchiata nel porto di Ancona per essere
esaminata.
D'altro lato, l’allievo ufficiale austro-ungarico
Corrado Schinko,
travestito da contadino e inviato in perlustrazione, riferì che i sommergibili
non erano più all’ormeggio consueto e che i MAS erano stati trasferiti nella
calata presso l'ex-
Lazzaretto,
all'epoca adibito a
zuccherificio.
Pertanto, il
tenente
di vascello Weith, valutando che fossero venute meno alcune
delle condizioni previste dal piano d'attacco originario, decise di rinunciare
ad attaccare i sommergibili e gli impianti portuali, limitando l'azione alla
sola
cattura dei
MAS ed al rientro a
Pola
a bordo degli stessi.
Nella tarda serata del 5 aprile gli austriaci raggiunsero la
barriera daziaria di Ancona;
riuscirono a superarla facendosi passare per militari italiani, grazie al fatto
che alcuni marinai austriaci provenienti dall'
Istria o dalla
Dalmazia
parlavano l'italiano e che le divise della Marina austro-ungarica non erano
molto dissimili da quelle della Marina italiana.
Giunti ormai in vista della stazione ferroviaria, due incursori di origine
italiana e
fede
irredentista, il trentino
Mario
Casari e il triestino
Giuseppe
Pavani, rallentavano di proposito la loro marcia fino a
staccarsi dal gruppo per allontanarsi e dare l'allarme ai carabinieri.
..

Gli altri incursori austriaci si diressero invece verso l'edificio
dell'antico Lazzaretto,
sul lato esterno del quale, sul mare, avrebbero dovuto essere ormeggiati i MAS. Qui
incontrarono Carlo
Grassi e Giuseppe
Maganuco, due militi della Guardia di finanza di guardia sul
corridoio scoperto sopra il muraglione della Mole, detto Marciaronda.
Sempre grazie ai marinai che parlavano italiano, gli austro-ungarici riuscirono
ad ingannarli, facendosi passare per gli equipaggi dei mezzi navali italiani, e
raggiunsero l'unico MAS rimasto alla fonda, in quanto non funzionante. Infatti,
tutti gli altri natanti erano usciti dal porto, in ricognizione, proprio per
prevenire eventuali attacchi austriaci alla base navale.
Tuttavia i due finanzieri si insospettirono, seguirono dall'alto del
marciaronda il primo gruppo di marinai austriaci, i quali, vistisi scoperti,
aggredirono i militari italiani: il Grassi
venne colpito da una pugnalata, anche se non gravemente [3],
mentre il Maganuco
ebbe la presenza di spirito di retrocedere e di far fuoco con il suo moschetto
contro l'aggressore, precludendo inoltre agli altri militari austro-ungarici
ogni via di fuga.
....

Poco dopo sopraggiungeva un gruppo di
Reali
Carabinieri (allertati da uno dei due incursori austriaci che
avevano disertato), comandati dal
brigadiere Anarseo
Guadagnini, il quale ottenne la resa dei militari
austro-ungarici, ormai resisi conto del fallimento della propria missione; solo
tre marinai austriaci riuscirono a dileguarsi, ma vennero catturati nei giorni
seguenti.
Sul luogo accorse anche il capitano di corvetta Luigi Rizzo, che svolse un primo
interrogatorio degli ufficiali e si congratulò cavallerescamente con il tenente
di vascello Weith
per il coraggio dimostrato da lui e dai suoi uomini.
..

Il re Vittorio
Emanuele III, proprio in quei giorni ad Ancona, appresa la notizia dello
scontro con il commando
austro-ungarico, concesse "motu
proprio" la Medaglia
d'argento al Valor Militare ai due valorosi finanzieri Maganuco e Grassi ed al
brigadiere dei Carabinieri Guadagnini.
Al contrario, i comandanti militari del Corpo d'Armata e della Divisione di
Ancona furono destituiti, mentre i componenti delle pattuglie di vigilanza
lungo la costa furono deferiti al Tribunale
Militare e successivamente condannati a pene detentive.
(nota a cura del Comandante della Capitaneria di Porto di Ancona, anno 2016-17)
segue con la nota dedicata all'impresa di Premuda che sarà pubbliata in data 10 giugno 2020