Gli Italiani sulla scena. 10 luglio ed
11 luglio 1944
4.1. Dopo Filottrano. Gli Italiani sulla scena. 4.2 Gli altri Italiani impiegati
dai Polacchi: La brigata “Maiella”. La 111a Compagnia Ponti
Ribadiamo
anche qui questo concetto: che il Corpo Italiano di Liberazione era inquadrato
nel II Corpo d’Armata Polacco, rappresentando un terzo delle forze combattenti
del medesimo e, agli ordini del suo Comandante, Anders, operava lungo la
dorsale adriatica. Il Corpo d’Armata Polacco era l’unica Grande Unità che agiva
in questo settore. Sembra una banalità, ma la deduzione è semplice: le Marche, come
gran parte dell’Abruzzo, sono state “liberate” dai Polacchi, ovvero da Polacchi
e dagli Italiani. Estendendo il concetto, Ancona, la più grande vittoria di
Anders in questo periodo, se si vuole essere precisi, è stata ottenuta dai
Polacchi e dagli Italiani, ove i primi hanno svolto sia l’azione di fissaggio
che l’azione di rottura del fronte nemico, ed i secondi l’azione di copertura
del fianco sinistro da eventuali azioni avvolgenti nemiche. Sembrano
sottigliezze, ma la memoria storica non può essere tramandata ignorando
completamente la parte svolta dal Corpo Italiano di Liberazione nella
liberazione delle Marche in generale e di Ancona, in particolare. Ma questo si
inserisce in situazioni contingenti coeve, l’interesse polacco ad essere gli
unici protagonisti, si somma all’interesse britannico a sminuire ed emarginare
ogni contributo combattente italiano, per paura e tema che, al momento della
vittoria, gli Italiani, vinti e sconfitti nella guerra 1940-1943, avanzassero
pretese al tavolo della pace.
Oggi queste esigenze sono cadute e si può quindi parlare a tutto tondo.
4.1. Dopo Filottrano. Gli Italiani sulla scena.
Il
Comando del II Corpo Polacco, su questa linea, non diede rilevanza al
combattimento di Filottrano. Nel loro rapporto ne fanno cenno solo in modo
superficiale. La ragione di questo approccio, secondo Giuseppe Campana, è da
individuarsi nel fatto che l’obiettivo dei Polacchi era la conquista del Porto
di Ancona, dell’aeroporto e della raffineria di Falconara, un polo, quello
anconetano di estrema importanza dal punto di vista tattico-logistico. Tutto
quello che era intorno a questo obiettivo perdeva di rilevanza.
Scrive
Campana:
“Da qui lo scarso spazio dato nel “Rapporto”
a quello che sarà conosciuta come la “Battaglia di Filottrano”. Filottrano è un punto
chiave nel dispositivo di difesa tedesco, ma la sua conquista, per i Polacchi,
è solo un episodio da inquadrare nelle “battaglie per Ancona”. Le fonti
storiche sia polacche sia tedesche concordano nei fatti nel definire Prima
Battaglia per Ancona (o battaglia preliminare di Ancona) la presa di Filottrano
e gli scontri che si svolgono dal 2 al 9 luglio 1944 e Seconda Battaglia per
Ancona (o battaglia principale per Ancona) i combattimenti svoltesi dal 17 al
19 luglio 1944. Inserire l’episodio di Filottrano nel più ampio contesto delle
battaglie di Ancona ha un’unica funzione di chiarezza storiografica e nulla
toglie, ovviamente, al valore dei soldati del C.I.L. (Corpo Italiano di
Liberazione, n.d.a)”.
Dal
punto di vista tattico, questa impostazione non ha le sue notevoli rilevanze.
Gli avvenimenti precedenti avevano dimostrato che senza il Corpo Italiano di
Liberazione le difficoltà per prendere Ancona erano veramente grandi. Occorreva
avere più forze disponibili; in quel momento vi era disponibile solo il Corpo
Italiano di Liberazione; questo il dato da sottolineare: il Corpo Italiano di
Liberazione è indispensabile per prendere Ancona in breve tempo.
Nonostante
questa esigenza, sia da Polacchi, sia da Britannici sia da Tedeschi essa è considerata
e non presa in considerazione per gli Italiani; al Corpo Italiano di
Liberazione non erano stati forniti dagli Alleati i “carri armati”, ovvero
l’arma che permetteva sul campo di battaglia del 1944 di svolgere l’azione
risolutiva. Gli Italiani dovevano sì partecipare, perché non si poteva farne a
meno,
ma in modo subordinato. Questo sarà la causa dei insuccessi, dei ritardi ed
anche dei rimproveri che verranno rivolti al Corpo Italiano di Liberazione nel
corso delle operazioni per gli insuccessi tattici riportati. Ancora una volta
quando ragioni politiche interferiscono con quelle tecnico-tattiche, i
risultati sono sempre negativi. Le successive operazioni, pur nella loro
limitata portata, ne sono un esempio abbastanza chiaro.
Per
il Comando del Corpo Italiano di Liberazione la battaglia di Filottrano è
fondamentale. Tenuto a margine delle operazioni, inserito nel proprio
dispositivo organico come unità “complementare”, il Corpo Italiano di
Liberazione doveva svolgere solo compiti secondari. Ne fa fede la sua
dislocazione alla fine di giugno, con i suoi reparti sparpagliati su una
profondità di circa 250
chilometri. Segno quanto mai evidente che il Comando
Polacco non aveva alcuna intenzione di impiegarlo in azioni congiunte su vasta
scala accanto alle proprie truppe. Ancor più convinto il Comando Polacco del
fatto che poteva conquistare Ancona con le proprie forze, senza l’apporto degli
Italiani, e con un minino dispendio di forze. Questa convinzione era basata sul
pieno affidamento che si aveva nei propri mezzi, che erano consistenti,
soprattutto se messi in relazione a quelli tedeschi; in particolare si faceva
affidamento sui corazzati, con oltre 200 carri armati di vario tipo
disponibili, una massa idonea a qualsiasi azione di rottura e sfondamento, che
aggiunta alla assoluta supremazia della aviazione tattica, era fattore di
sicuro successo. A questo si aggiungeva la constatazione che in tutti i
combattimenti sostenuti, i Tedeschi avevano posto una resistenza limitata e
temporanea, ovvero avevano opposto solo battute d’arresto e quasi mai reazioni
dinamiche, durate pochissimo tempo; ingaggiato il combattimento, dopo poche
ore, al massimo un giorno, i Tedeschi si ritiravano, spesso approfittando delle
ore notturne. Mai si erano avventurati in una esistenza prolungata, per paura
di essere annientati. Chiaro segno che disponevano non solo di poche forze, che
dovevano essere preservate a tutti i costi, ma anche di scarsissime riserve.
Con queste valutazioni, i Polacchi, superato il 30 giugno il Potenza, erano
convinti che Ancona sarebbe stata presa con una sola Divisione, ancorchè
rinforzata, con un assalto frontale, sfruttando il terreno, a cavallo della
statale 16 Adriatica, che era favorevole all’impiego a massa delle forze
corazzate.
Tutto
questo si rilevò errato e presto fu evidente che si era sottovalutata la
resistenza dei Tedeschi, resistenza che si era molto irrigidita proprio in
virtù dell’obiettivo da difendere, ovvero il porto di Ancona, la raffineria e
l’aeroporto di Falconara. Per averne ragione occorrevano più forze. In virtù di
questo tutte e due le divisioni polacche, la 3a Carpazia e la 5a Krescowa,
nonostante che questa ancora non si era ripresa dall’impiego a Cassino,
entrarono in linea con tutti i loro effettivi. Necessitava ancor più forze che
fossero in grado di porte effettuare una vera e propria manovra di Corpo
d’Armata, che la situazione richiedeva se si voleva conquistare Ancona e gli
altri obiettivi.
L’esigenza
di avere a disposizione il Corpo Italiano di Liberazione divenne una necessità.
Da qui i sempre negati autocarri per il trasporto delle truppe italiane, sempre
costrette a muoversi “per via ordinaria”, cioè a piedi. d’improvviso furono
messi a disposizione ed il Corpo Italiano di Liberazione riuscì in pochi giorni
a radunarsi quasi al completo, a non avere più unità disseminate centinaia di
chilometri all’indietro, ma tutte alla mano, pronte ad essere utilizzate. In
queste condizioni nuove fu affrontato il combattimento di Filottrano, che ebbe
una valenza quanto mai determinante. Il Comando Polacco aveva la conferma che
sugli Italiani ci si poteva fare affidamento, ovvero si era in grado di
impostare la manovra a livello di Corpo d’Armata con tre divisioni affidabili.
In pratica si attaccava Ancona con 63.000 uomini contro i 5000 Tedeschi
combattenti di prima linea, con un rapporto decisamente soddisfacente. Quella
che era la massima incertezza, cioè l’affidabilità degli Italiani, era stata
risolta nel migliore dei modi. Filottrano è anche ma sopratutto questo.
Scrive Crepanzano:
“L’entità delle perdite è una chiara
testimonianza dell’asprezza e dell’accanimento con sui si svolsero i
combattimenti sulle contese posizioni di Filottrano. L’azione venne preparata,
da parte del Corpo Italiano di Liberazione, con metodo e condotta senza
precipitazione e con gradualità e razionalità. Dopo aver effettuato delle
operazioni preliminari, che servirono a dare un utile quadro d’insieme, il
comando del Corpo Italiano di Liberazione impostò l’attacco sulla base delle
premesse fondate sulla superiorità morale e materiale e tali che dessero sicura
garanzia di successo. Nondimeno l’azione si rilevò ancora più aspra e più
difficile del previsto, in quanto la violenza della reazione del nemico conferì
in qualche momento al combattimento quella drammatica incertezza, la quale è
stata sempre ed è una delle caratteristiche che contrassegnano le vicende della
lotta in guerra e dove si rilevano in tutto il loro reale valore le qualità più
profonde e più solide dei comandanti e dei soldati.”
Questa
serietà di intenti, era stata poco presente a Montelungo, è presente già a
Monte Marrone. I Comandanti Italiani avevano capito che, per ottenere il
successo, il famoso “stellone” italico non era più sufficiente. Cercare di
basare tutto solo sul valore delle truppe porta solo ad insuccessi, appunto,
come quello di Montelungo. Una seria preparazione, una cura maniacale del
particolare, una serenità di azione metodica, lineare, precisa, non potevano
che essere utili al successo. Le vuote parole, e la scarsa capacità di
approfondire le cose, l’evitare la soluzione di problemi piccoli ed
insignificanti, e tante altre manchevolezze nell’azione di comando e
preparazione furono sostituite da serietà, capacità e competenza e,
soprattutto, dal mai sottovalutare il compito né tantomeno l’avversario, una
umiltà che deve essere sempre presente lì dove viene rischiata la vita dei
sottoposti. È una inversione di mentalità, frutto del fatto che non si poteva
sbagliare.
Nè
coglie appieno il significato Massimo Mazzetti, quando scrive:
“Lo scontro
di Filottrano, fatemelo dire, è stato sostenuto alla maniera americana,
impiegando tra riserve e unità di prima linea ben cinque battaglioni contro
soltanto due miserabili battaglioni tedeschi e sostenuti, inoltre, da nove
gruppi di artiglieria, queste sono cose da prima guerra mondiale. Se vogliamo,
è una azione che una volta tanto viene fatta con rapporti di forza
schiaccianti, però rimane l’unica, poiché dopo il Corpo Italiano di Liberazione
copre il fianco dei Polacchi.”
Come
sottolinea ancora Crepanzano:
“L’azione segnò
in definitiva il successo delle armi italiane e, con la vittoria, rimasero
premiati lo slancio ed il valore dimostrati dalle truppe del Corpo Italiano di
Liberazione, ed in particolar modo dalla divisione Nembo, le quali, sostenute
dalla propria artiglieria, avanzarono reiterando con risolutezza ed energia gli
attacchi. Merita di essere ricordato l’efficace e generoso concorso dato dai
Polacchi sia con la propria artiglieria che con i carri “Scherman”. Ma se è giusto
nella vittoria esaltare il valore e la risolutezza delle proprie truppe, è pure
doveroso riconoscere cavallerescamente che in tutte quelle aspre giornate anche
il nemico seppe dimostrare non meno valore e non meno risolutezza delle truppe
attaccanti”
A
livello di cortesia e di rispetto formale la notizia della vittoria a
Filottrano da parte dei Comandi Alleati fu accolta con compiacimento. Si aveva
la prova che gli Italiani erano in grado di reggere prove degne di nota e dare
un certo grado di affidabilità.
Il gen. Leese, Comandante della VIII Armata
britannica, inviò al gen. Utili un messaggio di felicitazioni.
Il giorno 11 luglio, lo stesso Leese, dopo aver ricevuta la relazione del gen. Anders, scrisse il seguente messaggio ad
Utili:
“Personale.
Dal generale sir Oliver Leese, Comandante l’VIII Armata.
Al Generale
Utili, Comandante del Corpo Italiano di Liberazione. 11 luglio 1944.
Caro generale
Utili,
Sono contento
di apprendere dal generale Anders le buone notizie riguardanti il comportamento
delle Sue truppe durante i recenti combattimenti e mi congratulo con Lei e con
loro per la vostra avanzata. Ho avuto molto piacere di apprendere come i Suoi
uomini hanno saputo brillantemente agire nel corso del duro combattimento che
ha portato alla conquista di Filottrano, e credo che Lei abbia ricevuto il mio
telegramma con le congratuli azioni per l’azione svolta.
Personalmente,
io ritengo che sia un grande avvenimento il fatto che assieme alla VIII armata
vi sia un contingente italiano le di cui azioni potranno diventare un grande
contributo al prestigio dell’Italia.
Avrei piacere
personalmente di salutarla nuovamente nell’ambito dell’VIII Armata, mentre
L’assicuro che potrà sempre contare in pieno sul mio appoggio ed il mio
incoraggiamento.
Con i miei
migliori auguri per Lei. Yours very sincerely. Oliver Leese.
I
complimenti e le buone predisposizioni dei Comandanti Alleati, sembravano quasi
nascondere i dubbi nutriti sulle capacità combattive degli Italiani, ai quali
ora si poteva dare un ruolo maggiore nella situazione tattico-operativa del
momento senza patemi d’animo o riserve. Gli Italiani avevano dimostrato che
erano in grado di svolgere, oltre ad operazioni complementari, avulse dalla
manovra principale contro forze tedesche di scarsa consistenza, anche un ruolo
importante nella manovra che i Polacchi si stavano apprestando ad attuare, che
doveva rimanere sempre però subordinato e sussidiario, ma pur sempre un ruolo
nella manovra che i Polacchi avrebbero attuato per la conquista di Ancona per
manovra.
Il compito del Corpo Italiano di Liberazione
divenne, grazie a Filottrano, quello di svolgere azioni protettive sul fianco
sinistro della divisione polacca attaccante, mentre l’altra attuava il
fissaggio sul fianco destro, nella sua azione principale, che era quella di
conquistare Ancona.
Crapanzano E. (a cura di), Il Corpo Italiano di Liberazione.
Aprile-settembre 1944. Narrazione-Documenti, Roma, Ministero della
Difesa-Esercito, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, 1971,
2° Edizione, pag 113.
Mazzetti
M., Aspetti operativi della campagna
primavera-estate 1944, in Atti del Convegno di Studi, Corinaldo 22.23.24
Giugno 1994, Sala Grande del Comune, Roma, Centro Studi e Ricerche sulla Guerra
di Liberazione, Scena Illustrata Editrice, 1996. pag. 95
De Napoli D., I “Patrioti” della Maiella, in Dalle Mainarde al Metauro. Il Corpo
Italiano di Liberazione (C.I.L.) 1944. in Atti del Convegno di Studi, Corinaldo 22.23.24
Giugno 1994, Sala Grande del Comune, Roma, Centro Studi e Ricerche sulla Guerra
di Liberazione, Scena Illustrata Editrice, 1996, pag. 261