Espressione della attività del Comitato Scientifico del Club Ufficiali Marchigiani riporta pagine e note di Storia militare riferite principalmente alle Marche come contributo alla conoscenza di questa Regione e espressione nostra di marchigianità
domenica 29 ottobre 2023
venerdì 20 ottobre 2023
Storia Militare Marchigiana 1860 Il Passaggio delle Marche dallo Stato Preunitario allo Stato Nazionale
Da una storia a La
Storia
La cattura del generale De La Moriciére non fu voluta?
18 settembre 1860 (II
Parte)
A sostegno della tesi che il generale De La Moricière non fu
volutamente catturato dalle truppe sarde su ordine superiore del Comando Sardo,
ovvero di Cialdini o uno dei suoi sottordinati per evitare complicazioni
internazionali o altro l’Autore di questo scritto[1]
porta testimoni oculari. Riportiamo le loro testimonianze:
“Doga Celeste fu
Antonio, pensionato garibaldino, ora ( 1910 n.d.a) residente al Poggio (frazione del Comune di Ancona) ascrisse di essere
stato guida di una compagnia di soldati partiti da Camerano per troncare la
ritirata del Lamoricère[2] . Al
capitano gli disse che la strada breve e sicura per riuscire, era la strada di
terra, tuttora esistente, detta dei Molini (lungo il torrente Boranico) che
mena a quella del Trave, precisamente per dove più tardi avrebbe dovuto transitare
il generale nemico. Da notarsi che il Doga per il suo mestiere di calderaio
specialmente della campagna di Camerano e dintorni era molto pratico. Ma il
capitano rispose che aveva l’ordine di andare a Massignano[3] e vi
si fece guidare. Ivi giunto seppe che il Lamoriciere s’era fermato al convento
dei Camaldolesi[4]
sulla vetta del Conero da dove dopo una breve refezione era partito seguendo i
sentieri del monte e costeggiando la frazione di Poggio fino al Trave.
Esclamò allora quel
capitano “Che sbaglio abbiamo fatto.” come testimonia Giovanni Tangherlini fu
Angelo ottantenne (siamo
sempre nel 1910) ora residente al Poggio,
e in quei tempi a Massignano.[5]
Questi lo guidò al
Poggio stesso, ma troppo tardi che già il Lamoriciere s’era avvicinato ad
Ancona, senza che si potesse più sperare di raggiungerlo.
Del tragitto percorso
da Lamoriciere, come ho indicato più sopra, ho raccolto numerose testimonianze
le quali tutte confermano che assolutamente si è cercato di inseguirlo, senza
volerlo mai raggiungere, col troncagli la strada.[6]
Ora resta a domandarsi.
Proprio vero che quel capitano di cui nessuno ha saputo dirmi il nome[7],
s’era sbagliato, o è vero invece ch’egli avesse avuto ordini tassativi dai suoi
superiori di lasciare liberamente entrare il Lamoriciere in Ancona per tutto
predisporre alla difesa? [8]
Se fosse vera questa seconda ipotesi, quali ragioni devono aver influito su
tale decisione? [9]
Nella ricostruzione già fatta[10]
emerge nella sua oggettività tutta la cronologia degli eventi, che permette già
di rispondere a questa ricostruzione: l’intera vicenda si svolse dalle 13,30-14
alle 17,30 del 18 settembre 1860. Dal momento in cui il De La Moriciére, rendendosi
conto della situazione tattica, ormai compromessa, da l’ordine di raggiungere
Ancona o di mettersi in salvo a Loreto a tutte le sue truppe, fino a che non
giunse in Ancona, alla Piazza del Teatro delle Muse alle 17,30. Le vie di
scampo per i soldati pontifici erano tre: verso nord, verso Ancona che era
l’obbiettivo per cui si erano messi in marcia il 13 settembre dall’Umbria, la
via verso sud, lungo la litoranea, detta della “marina”, oppure ritornare a
Loreto, da dove erano scesi quella mattina del 18 settembre.
De La Moriciére scelse delle tre vie, quella nord, verso
Ancona; passato per i poggi di Umana (Numana) raggiunse il convento dei Camaldolesi
introno alle 15, si fermò quindici minuti e intorno alle 15,45-16 era al Poggio
per poi proseguire su Ancona, dove arrivo alle 17,30, raccolto dai comandanti
pontifici sulla piazza davanti al Teatro delle Muse.
Un dato viene dato per scontato. Nelle prime ore del
pomeriggio come faceva il Doga a sapere che De La Moriciére sarebbe transitato
per quella strada? Come faceva a sapere gli esiti degli scontri della mattinata
a ridosso del Musone e la decisione del De La Moricière di prendere la via nord
per raggiungere Ancona? Così pure, il generale Cugia di Sant’Orsola da Camerano
mandava elementi della sua brigata in avanti dando l’ordine di catturare tutti
i soldati pontifici incontrati impedendo loro di raggiungere Ancona. Nel
contempo, verbalmente, perché per iscritto non risulta, dare l’ordine che se si
fosse incontrato il gen De La Moriciére (ma lui come faceva a sapere che era
per la via di Ancona?) lo si doveva tassativamente lasciarlo passare?
Nel momento in cui alle 14 - 14,30 Cialdini giunse sul campo
degli scontri, che erano praticamente terminati, giungendo da Osimo, i suoi
subordinati avevano già dato gli ordini per sfruttare il successo. Su ordine
del generale comandante la Brigata Regina, Colonnello Brigatiere Avenati, il 9°
Reggimento fanteria[11]
mosse verso l’Aspio e passatelo, puntò decisamente su Numana che a quel tempo
si chiamava Umana. Raggiuntela, riuscì a intercettare e disarmare 19 ufficiali
e 223 soldati pontifici.[12]
Il Generale Cugia di Sant’Orsola, alle prime luci dell’alba
del 18 settembre, come visto nella precedente nota, aveva occupato Camerano, ma
aveva assunto un atteggiamento prettamente difensivo, dovendo garantire le
spalle ai reparti che combattevano fronte sud. L’evolversi della situazione
fece sì che non prima delle ore 14 il Cugia cambiasse atteggiamento, passando a
quello offensivo. Da Camerano era facile bloccare ogni litoranea per Ancona.
Infatti, come detto, fu dato ordine ad elementi della brigata di procedere per
colonna ad occupare Massignano. Occupatela intorno alle 15,30-16, un drappello
di 25 uomini al comando del cap. di Stato Maggiore Mazzoleni si spinse oltre ed
occupava i poggi sopra Sirolo. Il cerchio era chiuso. Se si considera che i
combattimenti cessarono intorno alle 14 e due ore dopo tutte le vie litoranee
verso Ancona erano chiuse, si può dire che i comandanti Sardi agirono di
iniziativa in modo veramente encomiabile.
Nei quindici rapporti esaminati dei Comandanti presenti sul campo non vi
è traccia di ordini o altro relativi alla disposizione di non catturare il De
La Moricière.[13]
Soprattutto quello del generale Cugia di Sant’Orsola, che inviò elementi della
sua Brigata a Massignano, né in quello del cap. Mazzoleni. Gli ordini erano
chiari per tutti: catturare il maggior numero possibile di soldati pontifici impendo
che questi raggiunsero Ancona.
Una grande operazione di omertà tacere questo ordine? Favorire
l’arrivo in Ancona del Comandante in Capo, affinchè organizzasse al meglio la
difesa. Certamente Fanti avrebbe chiesto precise spiegazioni a Cialdini di
questo ordine che contraddiceva tutti quelli emanati in precedenza. Nel
rapporto delle ore 21 del 18 settembre 1860 a Fanti, Il Cialdini, nel
descrivere la giornata appena trascorsa, scrive…
“IV Gran Comando
Militare. Osimo[14]
18 settembre 1860 ore 9 sera.……ho battuto De La Moricière che è tornato a
Loreto……
Le mando direttamente
questo rapporto onde l’E.V. manovri per tagliare la ritirata al corpo di La
Moriciére che non ha altra via fuorché quella che da Loreto per Porto Recanati
lungo il mare conduce a Fermo. Le sue truppe devono essere in uno stato di
completa demoralizzazione. Per conto mio farò quello che posso per inseguirlo.”[15]
Cialdini mostra tutta la volontà di catturare il maggior
numero di soldati pontifici compreso il loro Comandante in Capo. Inoltre è
convinto che De La Moriciére sia a Loreto e l’unica via aperta è quella per
Fermo. Non sa che il De la Moriciére ha preso la via di Ancona, ove è arrivato
alle 17,30.
Il De La Moricière riuscì a raggiungere[16]
Ancona perché si muoveva a cavallo, mentre le truppe sarde che furono impiegate
per chiudere le strade per Ancona si muovevano a piedi. Nonostante la celerità
degli ordini e la loro esecuzione immediata, il De La Moriciére riuscì a non
farsi intercettare solo per poche decine di minuti, al massimo una mezz’ora. In
guerra avere un po' di fortuna non gusta mai.
Sul campo da parte pontificia vi erano solo due generali, il
De La Moriciére e il de Pimodan. Come facevano i testimoni oculari a sapere chi
dei due generali era il De La Moriciére? Come facevano a sapere che il de Pimodan
era stato ferito solo quattro ore prima ed ora era all’ambulanza delle
Crocette? Il fatto che tutti parlano decisamente
del De la Moricière é veramente sospetto. L’Autore conclude il suo articolo con
due bei paragrafi
“Non a me, umile
raccoglitore di notizie storiche è dato significare una risposta esauriente. Ad
altri quindi conoscitori profondi delle condizioni politiche nazionali ed
internazionali di quei tempi lascio la parola. A me basta aver trovato conforto
di testimonianze le quali ancora una volta assodino che se il generale
Lamoriciere nella sua ritirata si trova fuori della portata dei cannoni, non fu
abilità la sua, e che fu imperizia o altro da parte dell’esercito piemontese
l’essere riuscito senza moleste a scappare da Castelfidardo ad Ancona.”
Conclusione che non può essere accettata, per evitare che si
crei una nuova versione dei fatti basata su quello che si vuole che sia stato e
non quello che è stato: gli ingredienti ci sono tutti: i testimoni oculari
prima di tutto. Sono testimonianze da prendere con le molle. Dopo cinquant’anni
dagli avvenimenti si può raccontare di tutto ed il contrario di tutto. Il De La
Moriciére riuscì a sfuggire alla cattura perché aveva il vantaggio
dell’iniziativa e si muoveva a cavallo. Infatti in quel tardo pomeriggio del 18
settembre ad Ancona giunsero solo e solamente dei cavalieri; i soldati a piedi
giunsero nella nottata. Accusare di “imperizia l’esercito piemontese” è
offensivo; è vero il contrario: i comandanti furono intelligenti, attivi e
decisi. Per “o altro” (questa è dietrologia che è sempre un buon ingrediente
per storie accattivanti) non è necessario spendere parole. Accusare i
Comandanti sardi, non sapendo nemmeno dove fossero (Si cita il generale Morozzo
Della Rocca che il 18 settembre era a Perugia in quanto il 23 settembre prende
alloggio a Camerano) e quale era il loro ruolo, di aver dato l’ordine di non
catturare il De La Moriciére per ragioni oscure ed inconfessabili, si aggiunge
a tutto quel affastellamento di “fake news” che avvolge ancor oggi questi
eventi. Ed ancora in molti ci vanno dietro.
De La Moriciére poi
non mise mai piede a Castelfidardo. Lui raggiunse Loreto dall’Umbria ed operò
da Loreto e nella piana di Loreto; nelle sue memorie cita questa località poche
volte, e sempre in modo indiretto e subordinato.
E’ sempre un buon esercizio l’esegesi di testi e confrontarli
con le fonti, di tentare di scrivere la Storia, in generale, e la Storia
Militare in particolare.[17]
Ovviamente si è a disposizione per ogni eventuale approfondimenti.
[1] La Cattura
del generale Lamoriciere non fu voluta? In “Per il primo centenario della
liberazione delle marche, numero unico pubblicato dall’Associazione Marchigiana
per la Storia del Risorgimento italiano, Roma, 1910.
[2] Vedi
oltre. Erano i reparti della Brigata Como in azione su ordine del gen. Cugia di
Sant’Orsola
[3] Ordine
dato dal generale comandante la Brigata, volto a sbarrare la strada ai soldati
pontifici che avevano preso la via di nord est verso Ancona.
[4] Il De La
Moricière raggiunge il Convento dei Camaldolesi alle 15 circa e vi sosto 15
minuti. Come faceva il testimone a sapere quanto successo quarantacinque minuti
prima?
[5]
Certamente sarebbe stato un bel colpo aver catturato il Comandante in Capo
nemico. Forse il rammarico sta tutto qui.
[6] Sarebbe
interessante sapere le testimonianze raccolte, che certamente sono dei civili.
Nei rapporti dei comandanti sardi, come si dirà oltre, non vi è traccia di
questo argomento.
[7] Era il
cap. di Stato Maggiore Mazzoleni, che a Massignano ebbe il compito di
proseguire verso ovest e raggiungere i poggi di Sirolo con il compito di
fermare tutti i soldati pontifici che incontrava e farli prigionieri.
[8] Furono
impiegate diverse compagnie a comando dei loro capitani. Dare ordini tassativi
a livello di compagnia, cioè ai capitani, avrebbe significato, come si dirà,
che nei rapporti successivi dei predetti capitani questo sarebbe stato
rilevato. In nessun rapporto emerge questo dato.
[9] Il
fascino delle storie raccontate e non documentate è tutto qui: lanciare
interrogativi, mettere i dubbi, creare situazioni, sperando che il sassolino inizia
a rotolare e trasformarsi in valanga.
[10]
Coltrinari M., La Giornata di Castelfidardo 18 settembre 1860. Il passaggio
delle Marche dallo Stato preunitario allo Stato nazionale, Castelfidardo,
Fondazione Duca Roberto Ferretti di Castelferretto Italia Nostra Onlus Sezione
di Castelfidardo Lions Club Recanati Osimo, 2008, pag. 177 e segg.
[11][11]
Due battaglioni e se compagnie al comando del ten. col. Duranti.
[12]
Rapporto al Sig. Comandante generale la 4° Divisione attiva (al campo Quadrivio
di San Biagio, 22 settembre 1860. Il Comandante la Brigata Regina Colonello
Brigatiere Avenati, in Ministero della Guerra Corpo di Stato Maggiore Ufficio
Storico, La Battaglia di Castelfidardo, Roma Tipografia del Genio, 1903.
[13] Se
l’ordine era stato effettivamente dato, anche verbale, una traccia nel rapporto
del subordinato ci doveva essere a giustificazione che sì era stato
eseguito.
[14] Notare
che questo rapporto porta la data del 18 settembre 1860 ed indica come sede del
Quartier Generale del IV Corpo Osimo.
[15]
Coltrinari M., La Giornata di
Castelfidardo 18 settembre 1860. Il passaggio delle Marche dallo Stato
preunitario allo Stato nazionale, cit. pag. 190
[16]
Il totale dei soldati pontifici che raggiunsero Ancona furono 127 Cavalieri, 29
fanti, alla spicciolata favoriti anche dalla loro esiguità, e 17 via mare nei
giorni successivi. Questo risultato è la vera sconfitta per il De La Moricière:
degli 8500 uomini partiti dall’Umbria che dovevano rinchiudersi in Ancona e
dare vita ad una resistenza ad oltranza, giunsero solo 173 uomini pari a poco
più del 2%.
[17]
L’oggetto di queste due note sarà parte integrante dell’aggiornamento del
Modulo di Storia del Risorgimento al Master di 1° Livello in Storia Militare
Contemporanea dal 1796 al 1960. IV Edizione attivato presso la Università degli
Studi N. Cusano Telematica Roma (www.unicusano.it/master)
di cui l’Autore vi è il Direttore Scientifico e Docente.
martedì 10 ottobre 2023
Storia Militare Marchigiana 1860 Il Passaggio delle Marche dallo Stato Preunitario allo Stato Nazionale
Massimo Coltrinari
Da una storia a La
Storia
La cattura del generale De La Moriciére non fu voluta?
18 settembre 1860 (I Parte)
Massimo Morroni dovrà mettere in campo tutta la sua cortesia
ed il suo autocontrollo se, dopo dieci anni dalla richiesta, provvedo a dargli
una risposta. Correva l’anno 2011 ed eravamo nel pieno delle celebrazioni del
150° anniversario degli avvenimenti del 1860. Si è sentito di tutto in quelle
rievocazioni, in una corsa davanti ai microfoni delle televisioni ed alle
pagine dei giornali a chi ne sapeva di più. Il livello, ovviamente, di tali
interventi non avrebbe fatto fare salti di gioia a ricercatori avvezzi al
rigore scientifico in tema di storia, mal la storia non è la medicina, per la
seconda tutti hanno un timore reverenziale e non ne parlano e leggono la
ricetta del medico come fosse il vangelo rilevato anche quando prescrive la
crema omeopatica per i calli, per la prima tutti si sentono autorizzati non
solo a parlare ma anche a dare interpretazioni definitive e assolute.
In questo bailamme onirico, mi arrivò la richiesta di Massimo
Morroni: chiedeva di dare una parere con risposta ad una pubblicazione dell’agosto
1910 dal titolo “La cattura del generale Lamoricière non fu voluta?”[1]
La conclusione dell’articolo così recita. “… a me basta aver trovato conforto di
testimonianze le quali ancora una volta assodino, che se il generale
Lamoriciere nella sua ritirata, si trovò fuori dal tiro dei cannoni non fu
abilità la sua, e che imperizia o altro da parte dell’esercito piemontese,
l’essere riuscito senza molestie a scappare da Castelfidardo ad Ancona”[2]
Lo Sgarbi che abbiamo ascoltato a luglio in Osimo avrebbe e
non solo avrebbe usato termini all’indirizzo dell’autore che il lettore
facilmente può immaginare quando è di fronte a tante bugie, insulti e
conclusioni frutto solo di ignoranza e arroganza. In questa conclusione non vi
è niente di vero, eppure quando si chiama in ballo “l’imperizia” di un
esercito, qualche relazione, qualche libro occorreva leggerlo e controllate con
dati di fatti tale asserzione.
Il tema, in ogni caso, è quanto mai intrigrante. Un vero
giallo. In pratica si sostiene che dopo gli eventi dello scontro del 18
settembre 1860 il Comando sardo diede disposizioni per non catturare il capo
dell’armata pontificia. A sostegno di ciò si portano testimonianze (raccolte
nel 1910) di testimoni oculari che asserivano questa tesi. Per giungere alla
conclusione di cui sopra.
Chi fa storia sa che, se si vuole avere successo, soprattutto
editoriale, non devi scrivere ciò che constati dai documenti oggettivi
raccolti, ma quello che il pubblico a cui ti rivolgi vuole che tu dica, che
l’editore ha le sue esigenze, che il marketing pure, che il “political correct”
va rispettato, che qualche piacere bisogna pur farlo, che il Presidente della
Fondazione, della Banca, dell’Istituto Onnicomprensivo ecc. ha un figlio che vuole scrivere di storia e via con le
note litanie del caso che non sono proprio lauretane. Ne abbiamo avuto una
testimonianza ad Osimo, il 16 luglio 2021, quanto il noto giornalista Paolo
Mieli, nel tessere le lodi degli scrittori locali, tra cui ovviamente Massimo
Moroni, sostenendo che le loro opere sono genuine, non sono condizionate ne
dall’editore, ne dal pubblico ne da altro e quindi questi scrivono quello che
credono sia giusto scrivere. Lodi giuste. Ovviamente è vero, se lo dice Paolo
Mieli, anche il contrario, che è la tesi sopra esposta se vuoi avere successo
non seguire la strada degli scrittori locali, scrivi quello che vogliono che tu
dica, come la “ritirata” di Lamoriciere” l’ordine di non catturalo, l’imperizia
di un esercito ecc., ovvero scrivi una storia, non La Storia
Passati dieci anni, insistendo per non cercare di acquisire
successo e notorietà popolari, e qui chiamo come testimone Luca, che sa quanti
dei miei libri sono venduti, rispondo a Massimo Morroni.
Capoverso per capoverso, scritto in corsivo, riporto il testo
inviatomi
“E’ noto come, non
appena decisa la battaglia di Castelfidardo. Il generale Lamoriciere, con parte
del suo Stato Maggiore tentasse la ritirata in Ancona, prendendo la via della
marina, cioè Numana, Sirolo, Monte Conero strada Trave Ancona”
Il comandante in capo dell’Esercito pontifico gen. Cristoforo
De la Moricière[3], che
aveva come obbiettivo di portare in Ancona il maggior numero di soldati, verso
le 12-12, 30 (lo scontro era iniziato alle 9,20) dopo il ferimento a morte del
gen De Pimodan alle 11,30, finalmente diede l’ordine a tutti i combattenti, di
cercare di svincolarsi dai combattimenti e puntare verso nord, cioè verso
Ancona. Non vi è qui lo spazio per la descrizione del bel piano tattico che
ideò e che verso le 11.00 era riuscito ad attuare. Un ordine arrivato troppo
tardi che costò caro ai pontifici. In Ancona degli 8500 uomini ne arrivarono
solo 127 il quel 18 settembre una decina nei giorni successivi. Non si tratto
quindi di una “ritirata”, ma di una “avanzata” per raggiungere Ancona, che è
alla base del piano strategico messo in atto il 12 settembre. Dato l’ordine, il
De La Morciere ed i suoi ufficiali e le truppe a lui vicine lo misero in atto.
“Ebbene, più volte mi
sono chiesto come da Camerano, dove erano 8 pezzi di artiglieria, ed un
generale, Il Della Rocca che risiedeva nella casa del marchese Giulio
Manciforte, non si fosse fermato il fuggiasco e catturato. Non sapevo spiegare
questo fatto se non con con l’ammettere che nessuno s’era accorto della
ritirata del Lamoriciere o che assolutamente, forser per evitare complicazioni
internazionali, non fi fosse voluto arrestare. Sempre piùm però mi venivo confermando
in questa seconda ipotesi perché contenporanei della battaglia, tuttora
viventi, tra il quali il segretario del comune di Caemrano, signor Leonardo
Zoppo, ricordano di aver veduto benissimo a occhio nudo, il Lamoriciere e gli
altri a cavallo e di aver scroto col cannocchiale perfino i filetti delle
monture. Dunque?
Di questi giorni,[4] In
questa rinnovata primavera della patria,ho voluto procedere ad una inchiesta
sul fatto, e bebche nulla ( mi è stato assicurato) risulti negli archivi del
Comune di Camerano, ne alcuna mermoria scritta risulti inpropositoin casa del
marchese Manciforte, da testimonianze di vecchi che conservano piena lucidità di
mente, m’è stato confermato che non si è voluto assolutamente arrestare il capo
delle orde papaline.”
La tesi oggetto dell’inchiesta è che il Comando Sardo diede
ordini di non catturare De La Moricière e di lasciarlo libero per raggiungere
Ancona.
Vedremo in una prossima nota le testimonianze oculari portate
a sostegno di questa tesi. Adesso si può inizialmente dire che dare ordine di
non catturare il comandante in capo nemico sul campo e lasciarlo libero di
entrare in Ancona, dove avrebbe assunto il comando della difesa, sarebbe stato
un grave errore. Si permetteva al nemico di avere un generale, il comandante in
capo, al comando della piazzaforte che si doveva investire, non è certo una
scelta intrelligente, contrari ali interessi propri. Cialdini pochi giorni
prima aveva fatto arrestare a Pesaro mons. Bella, delegato apostolico, e tratto
in modo insultante ed indecoroso. Si sostiene che potevano esserci delle
complicazioni internazionali. L?estensore dell’articolo sapeva che De La
Moricière fu fatto prigioniero il 29 settembre successivo ed imbarcato su una
nave il 3 ottobre ed inviato a Genova per essere messo in libertà.
Ma l’errore grave dell’estensoreè di carenza di conoscenza
dell’evolversi dei fatti. Il responsabile di tale ordine dovrebbe essere,
secondo lui, il gen. Morozzo della Rocca, che aveva preso alloggi a Camerano
nella villa dei marchesi di Manciforte.
Ebbene quel 18 settembre 1860 il gen. Morozzo della Rocca,
comandante il V Copro d’Armata era al suo Q.G. a Perugia. Il giorno dopo 19
settembre, lo raggiunse l’ordine, dopo gli esiti dello scontro di
Castelfidardo, di dirigere il suo Corpo d’Arma nelle Marche. Cosa che fce
ripercorrendo la strada che il De La Moriciere con i suoi uomini aveva percorso
dieci giorni prima. IL 23 settembre si incontrò a Lreto, con Cialdini, Persano
e Fanti, e ricevette l’rdine di portare lungo la marina le sue truppe, per dare
l’assalto finale ad Ancona. Raggiunge Camerano il 24 settembre e prese alloggi
presso la villa del marchese Manciforte.
Quindi un errore macroscopico asserire che Morozzo della
Rocca diede l’ordine di non catturare il De La Moricière per il semplice fatto
che era a Perugia.
Camerano, il 18 settembre 1860 era stata occupata dal 23° Reggimento
fanteria della Brigata “Como” con la sua batteria ( qui il dato è esatto, 8 pezzi) su ordine
del Generale Cuglia di Sant’Orsola, che ricevette gli elogi del Cialdini per
questa iniziativa. Ma era una mossa preventiva per contrastare eventuali uscite
pontificie da Ancona come era successo il giorno innanzi. Cugia occupò Camerano
nella prima mattina del 18 settembre, ma basta guardare la carta, non era
assolutamente in gradi di sbarrare il cammino di De La Moriciere , ammesso che
Cugia alle 16 del 18 settembre avesse avuto la notizie che De La Moriciere si
stava dirigendo su Ancona.
Tirando le somme di questa prima parte al commento dello
scritto si può dire che l’impianto di ricerca dell’Autore è completamente
errato, e quindi, le relative conclusioni errate. Vedremo nella prossima nota
come questa narrazione sia stata suffragata da testimoni oculari.
[1]
Pubblicata su “Per il primo cinquantenario della liberazione delle Marche”,
numero unico pubblicato dall’Associazione Mrchigiana per la Storia del
Risorgimento Italiano, Roma, 1910”
[2] Ibidem
[3] La
scritta “Lamoriciere” è una storpiatura del vero nome, De La Moricièere.
[4] Siamo
nel 1910 nei giorni che si celebravano il cinquatenario degli avvenimenti.