Le Brigate di fanteria "marchigiane": Marche, Ancona, Macerata, Pesaro, Piceno

Le Brigate di fanteria "marchigiane": Marche, Ancona, Macerata, Pesaro, Piceno
Le Marche e la Grande Guerra. Il volume è disponibile in tutte le librerie. Si può ordinare alla Casa Editrice, (ordini@nuovacultura.it). Node su www.storiainlaboratorio.blogspot.com

giovedì 31 agosto 2023

Sergio Benedetto Sabetta. Nota sulla strategia di Napoleone

 

La concezione napoleonica della gestione strategica

I principi dell’equilibrio nella flessibilità e variabilità

 

Introduzione


               Non vi è in realtà una formulazione originale dei principi strategici napoleonici, né un corpus dottrinale da lui elaborato, egli piuttosto perfezionò e applicò principi da altri creati si che la sua genialità si esplicò nelle modalità di attuazione e nella capacità di sviluppare e usare elementi altrui, la mancanza di una dottrina fu in parte dovuta dalla necessità di non svelare ad altri i principi della sua azione.

               Maestri ispiratori furono senz’altro in primis Federico II di Prussia  con le sue campagne contro Francesi, Austriaci e Russi codificate nelle famose “Istruzioni segrete” del 1748, ma anche Eugenio di Savoia, Turenne, Luxemburg, Maurizio di Sassonia oltre ai classici dell’antichità.

               Dal punto di vista teorico lesse e rilesse tra gli altri l’ “Essai General de taticque” e il “Defense du systéme de guerre moderne” entrambi di  Jacques Antoine Hyppolite, conte di Guibert, oltre ai “Principes de la guerre des montagnes” di Pierre de Bourcet, mentre per gli aspetti più tecnici della propria arma ebbe, in particolare ad Auxonne, la guida del barone Du Teil fratello del celebre cavaliere Jean du Teil, teorico dell’uso dell’artiglieria e discepolo di De Gribeauvael.

               Vi è in lui una notevole capacità organizzativa che si esplica sia in termini macro, con la completa visione d’insieme, che in termini micro, curando i vari particolari del quadro, in un continuo rimando coordinativo fra i vari piani.

               La caratteristica principale risulta pertanto l’illimitata flessibilità e variabilità sia dell’organizzazione che della concezione operativa.

 

Caratteristiche

                Se la caratteristica principale risulta essere la flessibilità e la variabilità unite ad una concezione dinamica ed audace dell’azione ma non temeraria, secondo un freddo realismo delle forze in campo, punto centrale è la ricerca di un attento equilibrio di mezzi e risultati, di sforzi ed ostacoli nel tentativo di mantenere il proprio equilibrio spezzando l’equilibrio altrui, come giustamente osserva Lidell Hart.

               Nella programmazione vi è una attenta informazione e valutazione sulle forze contrapposte, ma il piano o meglio i vari piani così accuratamente preparati non costituiscono vincolo all’azione ma piuttosto mezzo o pietra di paragone per misurare tutti i successivi avvenimenti e possibilmente anticiparne le conseguenze.

               Vi è sempre un piano alternativo quale conseguenza della necessità di un piano poliedrico impostato secondo molteplici probabili sviluppi. Il caso per quanto previsto e limitato non può essere sottovalutato, circostanza che impone un continuo ripensamento dei vantaggi e svantaggi durante lo svolgersi dell’azione man mano che si presentano gli imprevisti, senza  per questo deviare dall’obiettivo finale.

               Il variare in corso d’azione dell’organizzazione della macchina bellica in un’apparente caos in realtà viene a confondere le osservazioni avversarie, in quanto l’unità di comando è sempre mantenuta e le varie unità rimangono comunque tra loro a distanza utile, pronte al concentramento nonostante un’apparente dispersione. Elemento essenziale di tale tecnica operativa è la rapidità di esecuzione quale complemento alla velocità e mobilità imposte dall’inizio alla fine alle operazioni, velocità che può trasformare un imminente pericolo in un successo.

               Tre i fattori che permettono una tale stupenda dimostrazione di efficienza:

 L’autodisciplina e la relativa indipendenza operativa del sistema francese;

  • La leggerezza delle singole unità, fornite della caratteristica divisionale di un forte autosostentamento;
  • Il ferreo controllo dell’insieme.

 Vitale risulta l’accurato rapporto fra tempo e distanza, scegliendo i percorsi più facilmente praticabili in una autentica “economia dello sforzo” al fine di ridurre il logorio delle unità.

Questa adattabilità e mobilità strategica confluiscono, verso un graduale concentramento, si che il decentramento o dispersione apparente favorisce in realtà la manovra e il combattimento secondo precisi ordini con la conseguente sorpresa e demoralizzazione avversaria.

Viene riconosciuta l’importanza sia del morale che dell’unità di comando in una influenza reciproca, deve tuttavia ammettersi che la crescita organizzativa mediante incorporazione, come avvenne nella “Grande Armée”, può condurre all’indebolimento dell’unità morale e di manovra.

Fondamentale per ottenere  una obbedienza economica sono l’attaccamento ed il rispetto dei subordinati verso la dirigenza, la quale d’altra parte deve essere fondata sulla perseveranza e il coraggio dell’azione dei superiori, costante la prima nel tempo circostanziata in precisi momenti la seconda.

Il sistema premiante deve essere accuratamente ordinato per gradi e favorire l’atmosfera collaborativa fra i vari livelli secondo una precisa e controllata trasparente lealtà riconosciuta in tutta l’organizzazione, inoltre deve essere favorito il feedback tra la base e il vertice con precise testimonianze sui risultati delle richieste avanzate e degli interventi effettuati.

E’stata più volte sottolineata l’apparente ambiguità dell’unità di comando in presenza di un forte decentramento operativo, ma il contrasto è più apparente che reale, come già sopra chiarito, se solo si consideri la necessità della dispersione in presenza di repentini aggiustamenti prima dello scontro.

Infine deve richiamarsi l’attenzione sull’individuazione dell’esatto obiettivo comune da perseguire e quindi della parallela necessità di una unica linea di azione evitando, per quanto possibile, un inutile dispersione di uomini e risorse.

 

 

Riflessi attuali

 

 

Luttwak  parla di rischio organizzativo proprio nel momento in cui aumentano la segretezza, le unità in gioco e la complessità delle manovre poste in atto, tale rischio deriva dall’attrito che ostacola il funzionamento di qualsiasi organizzazione, tanto più se complessa. Il concetto di attrito era stato già rilevato dal Clausewitz quando, nel raccomandare di non semplificare eccessivamente, osservava le difficoltà che si accumulano e si producono nel loro complesso durante l’azione.

La ricerca della sorpresa derivante dalla scelta paradossale, al fine di ottenere un vantaggio competitivo, ha comunque un proprio costo che si manifesta nella perdita di forze e nel possibile aumento del rischio di confusione nell’organizzazione, a cui solo una maggiore preparazione ed una più efficiente comunicazione, quale impalcatura di un saldo controllo direzionale, può mettere rimedio. Dobbiamo tenere presente che ciò che è paradossale col tempo diventa prevedibile, mentre il prevedibile può essere al contrario imprevedibile se a lungo non applicato.

Ciò che è logico con il tempo diventa illogico, evolvendo nel suo opposto, tranne che non intervengano mutamenti esogeni nelle condizioni dei partecipanti, si che non vi è di peggio della baldanza derivante dal successo che può trasformare questi nelle premesse di un disastro.

Si recupera un concetto di flessibilità e manovrabilità non rigido, quale fosse un canone, ma adattabile sia nell’imprevisto quanto in termini programmatori del passaggio da logica a illogica, interviene in questo l’importanza mai sufficientemente ricordata della gestione dei canali di comunicazione in rapporto ad un saldo controllo dell’insieme, in cui il decentramento non è premessa di disarticolazione ma adattabilità e velocità di manovra.

Dobbiamo considerare che ciò che in apparenza può sembrare un’azione definitiva e sistematicamente cumulativa a cascata di successi, può produrre in realtà reazioni che non solo la disattivino ma addirittura siano strategicamente controproducenti.

Peraltro anche le innovazioni tecniche non sono di per sé sinonimo di successo se non adeguatamente supportate e metabolizzate dall’organizzazione che dovrà utilizzarle, magari superando vecchi schemi che tenderanno a ridurne l’impatto sia per mancanza di fantasia che per difesa dei ruoli acquisiti.

Von Clausewitz richiama nella sua opera l’importanza della forza d’animo e dell’orgoglio quali elementi che forgiando il carattere del singolo e dell’organizzazione nell’insieme possano creare una cultura che conduca alla fermezza e costanza, senza peraltro precipitare verso la testardaggine.

Si parla oggi giorno di vantaggi chiave e della creazione di informazioni organizzative adattabili alla strategia,  superando eventuali blocchi di sistema. Si pone inoltre attenzione alla dispersione dell’attenzione dirigenziale nella gestione della quotidianità che, facendo perdere il contatto con la cultura dell’organizzazione, impedisca il concentrarsi sulla formazione di una salda cultura organizzativa diffusa, diretta verso i fini strategici.

Altro elemento è la riconosciuta difficoltà di una equilibrata e complementare crescita organica, che permetta di allineare in modo efficiente su un unico obiettivo organizzativo risorse e uomini.

Comunque concludendo quello che emerge è la necessità che una adattabilità e flessibilità organizzativa non si trasformi in disarticolazione e sfiducia nel sistema, per mancata chiarezza di mezzi ed obiettivi, a seguito della perdita della capacità comunicativa e di coordinamento.

 

 

Bibliografia

 

·        D. G. Chandler, Le campagne di Napoleone, Milano 1972 ;

·        B. H. Liddell Hart, The Strategy of the Indirect Approach, Londra 1954;

·        E. N. Luttwark, Strategia. Le logiche della guerra e della pace nel confronta tra le grandi potenze, Milano 1989;

·        K. Von Clausewitz,Pensieri sulla guerra, Milano 1970;

 

 

 

 

domenica 20 agosto 2023

Comprendere la Guerra di Liberazione

 


Dizionario Minimo della Guerra di Liberazione

Osvaldo Biribicchi

 

Il Dizionario minimo della Guerra di Liberazione, progetto sostenuto dal Ministro della Difesa, fortemente voluto dal Presidente dell’Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti decorati al Valor Militare del 1927, Generale Carlo Maria Magnani, si inserisce nel quadro delle molteplici attività culturali ed editoriali portate avanti dal direttore del Centro Studi sul Valor Militare Generale Massimo Coltrinari, è rivolto agli studenti delle Scuole Superiori di Secondo Grado, al fine di fornire agli studenti spunti di riflessione e documenti per approfondire gli avvenimenti che vanno dalla crisi armistiziale del 1943 alla Liberazione, il 25 aprile 1945, e quindi alla conclusone della guerra. Preso atto che non è possibile parlare di Guerra di Liberazione senza una conoscenza essenziale degli eventi principali che hanno preceduto e seguito l’annuncio dell’Armistizio dell’8 settembre, nel porre mano a questo lavoro ci siamo riproposti, almeno nelle intenzioni, di non fare solo una raccolta asettica di dati ma stimolare riflessioni critiche.                                                                                      La struttura editoriale dell’opera è costituita, per ogni anno preso in esame, da un  compendio e da un glossario; infine è stato inserito un volume dedicato ai Percorsi di ricerca. Lo studio è stato articolato in sei Fronti: del Sud; del Nord; dell’Internamento; della Resistenza all’Estero; della Prigionia ed, infine, del Fronte nemico al fine di fornire un quadro sommario di ciò che avvenne all’indomani dell’Armistizio. A partire dall’8 settembre 1943 l’Italia si divide in due: quella del Sud, liberata dagli Alleati con gli sbarchi in Sicilia, a Salerno  ed Anzio, e quella del Nord in cui si insediò la Repubblica Sociale Italiana decisa a continuare la guerra, ormai persa, al fianco dei tedeschi. In realtà, tra l’Italia e gli Alleati furono firmati due armistizi: il primo, detto armistizio corto, contenente solo clausole militari, fu firmato segretamente a Cassibile in provincia di Siracusa il 3 settembre 1943 ed annunciato cinque giorni dopo prima dal Generale Eisenhower e, poche ore dopo, da Badoglio. Il secondo, detto armistizio lungo o anche armistizio di Malta, fu firmato il 29 settembre e precisava gli obblighi della resa senza condizioni già contenuti genericamente nell’armistizio corto. La semplice conoscenza di questi elementi stimola riflessioni profonde su quei cinque giorni tra il 3 e l’8 settembre in cui i soldati italiani continuarono a combattere e morire al fianco dei tedeschi contro gli angloamericani e la mattina del 9 settembre si ritrovarono all’improvviso alleati con coloro che sino al giorno prima erano stati nemici. Il problema nasce dal fatto che il governo militare Badoglio, in sostanza, aveva siglato l’armistizio con gli Alleati senza aver prima ricusato il Patto d’Acciaio siglato il 22 maggio 1939 tra Italia e Germania. Le forze armate tedesche presenti sul territorio italiano divennero pertanto automaticamente forze di occupazione. Dopo l’8 settembre tutta la popolazione italiana senza distinzione di credo politico e condizione sociale pagò un prezzo altissimo. Nei territori della Repubblica Sociale, in particolare, iniziò una durissima guerra partigiana contro i nazi-fascisti che a loro volta reagirono con feroci rappresaglie nei confronti dei civili i quali, come se non bastasse, subivano anche i violenti bombardamenti terroristici aerei diurni e notturni degli Alleati che avanzando verso Nord colpivano sia obiettivi militari che inevitabilmente città e paesi. Nel Dizionario si prende in esame anche l’arco di tempo (quarantacinque giorni) compreso tra la seduta del Gran Consiglio del Fascismo tenutasi tra il 24 ed il 25 luglio 1943, nel corso della quale Mussolini fu esautorato, e la proclamazione dell’armistizio. Un periodo confuso: Vittorio Emanuele III nel pomeriggio del 25 luglio fece arrestare Mussolini, assunse il comando delle Forze Armate ed affidò il governo al Maresciallo Badoglio. In quel momento, con 31 divisioni dell’Esercito fuori dal territorio nazionale, il governo avviò con fare incerto contatti segreti con gli Alleati per uscire dalla guerra pur continuando formalmente a professare la propria lealtà all’alleato germanico. L’8 settembre fu dunque una data spartiacque tra un periodo ormai concluso ed un dopo, ovvero l’inizio della Guerra di Liberazione chiamata dagli Alleati Campagna d’Italia. Una guerra combattuta da tutto il popolo italiano su cinque Fronti (e qui mi ricollego alla struttura del dizionario):                                                                                                    Primo Fronte, dell’Italia libera, a Sud, liberata dagli Alleati i quali consentirono al Governo del Re d’Italia, riconosciuto sia dagli Alleati che dall’Unione Sovietica, di esercitare seppure con pesanti limitazioni le proprie prerogative. Nell’Italia libera furono gettate le basi delle nuove Forze Armate. L’Esercito contribuì alla Guerra di Liberazione inizialmente con il I Raggruppamento Motorizzato che combatté a Monte Lungo (8 dicembre 1943) successivamente con il Corpo Italiano di Liberazione  (C.I.L.) che si distinse a Filottrano, nelle Marche (8 luglio 1944) ed infine con i Gruppi di Combattimento che parteciparono all’offensiva finale contribuendo a liberare gran parte delle città del nord Italia.                                                                                      La Regia Aeronautica riordinò le proprie unità, ricostruì le basi nei territori liberi e recuperò il materiale abbandonato in Africa settentrionale. Dopo la dichiarazione di guerra alla Germania costituì l’Unità Aerea, alle dipendenze del Comando delle Forze Aeree Alleate, responsabile dell’impiego, dell’addestramento, della disciplina e del funzionamento dei servizi amministrativi e tecnici di tre Raggruppamenti di specialità: Caccia, Bombardamento – Trasporti e Idrovolanti. Il comando Alleato la impiegò nei Balcani, inserendola negli organici della Balkan Air Force. L’Unità Aerea operò, senza soluzione di continuità, fino al mese di maggio del 1945.                                                                                                                                                                 La Marina, da parte sua, affrontò e gestì una situazione difficilissima. Solo in Puglia, ove intanto aveva insediato il proprio Comando, poche unità all’ancora nei porti di Taranto e Brindisi rimasero sotto il controllo italiano. Il 14 settembre 1943 mentre due torpediniere salpavano da Brindisi per portare aiuti a Corfù arrivavano provenienti da Venezia e dall’Istria gli allievi della Regia Accademia Navale. Pochi giorni dopo, il 23 settembre 1943, fu siglato l’Accordo di Cooperazione Navale tra il Comandante in Capo delle flotte alleate nel Mediterraneo, Ammiraglio Cunningham, ed il Capo di Stato Maggiore della Marina. Il documento siglato prevedeva, tra l’altro, che tutte le unità navali potessero rientrare nelle basi nazionali, ad eccezione delle corazzate.                                                                                                                                                   Il contributo alla Guerra di Liberazione da parte delle Forze Armate dell’Italia libera fu dato anche dagli oltre 200 mila uomini impiegati nelle Divisioni Ausiliarie per attività di carattere logistico, spesso a ridosso della prima linea, non meno importanti ed indispensabili di quelle combattenti;                                                  Secondo Fronte, dell’Italia occupata dai tedeschi. Qui il fronte fu clandestino e la lotta politica condotta dal Corpo Volontari della Libertà, composto dai rappresentanti di tutti i partiti antifascisti, riuniti nel Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) costituito a Roma il 9 settembre 1943. Successivamente furono formati CLN  locali nelle varie città del nord Italia per dare impulso e direzione politica alla Resistenza. Fu il grande movimento partigiano del nord Italia all’interno della Repubblica Sociale Italiana;                                          Terzo Fronte, della Resistenza dei militari italiani all’estero, un fronte questo non conosciuto, dimenticato. È la lotta contro i tedeschi dei soldati italiani inseritesi nelle formazioni partigiane locali in Jugoslavia, Grecia ed Albania;                                                                                                                                                                   Quarto Fronte, della Resistenza degli Internati Militari Italiani, oltre 600 mila uomini che pur andando incontro consapevolmente a privazioni ed umiliazioni si rifiutarono decisamente di aderire alla Repubblica Sociale Italiana;                                                                                                                                                         Quinto Fronte, della Prigionia Militare Italiana. I prigionieri italiani in mano alleata all’annuncio dell’armistizio dovettero, come tutti, fare delle scelte. La stragrande maggioranza decise di cooperare con gli ex-nemici; quelli in mano agli angloamericani furono organizzati in Italian Service Units (ISU), compagnie di 150 uomini addetti a particolari lavori di carattere logistico. Negli Stati Uniti ed in Gran Bretagna furono impiegati negli arsenali o nelle basi militari; in Australia, invece, furono impiegati per costruire strade, linee ferroviarie oppure in grandi fattorie, comunque in lavori non strettamente legati ad attività belliche.           Nel Dizionario, inoltre, non si dimentica di evidenziare il ruolo particolare avuto dalla Puglia, Regione d’Italia che per sei mesi, dal 10 settembre 1943 data di arrivo del Re all’11 febbraio 1944 data in cui la corte si trasferì a Salerno in attesa della liberazione di Roma avvenuta il 4 giugno 1944 (ben 134 giorni dopo lo sbarco di Anzio), costituì il fulcro del Regno del Sud con Brindisi come capitale. È da Brindisi infatti, che il governo Badoglio, il 13 ottobre 1943, trentacinque giorni dopo l’annuncio dell’Armistizio dichiara guerra alla Germania. A partire da questa data, l’Italia assume la posizione di “cobelligerante” ovvero non è più considerata nemica degli angloamericani ma neanche alleata nel senso stretto del termine.                                Uno spazio non secondario, infine, viene riservato al ruolo delle donne negli avvenimenti bellici dal settembre 1943 all’aprile 1945, a quelle donne che hanno partecipato attivamente alla Guerra di Liberazione ricoprendo vari ruoli sia logistici che combattenti ed alle donne della Repubblica Sociale Italiana impiegate nel Servizio Ausiliario Femminile con compiti logistici.                                                                                             Possiamo affermare, quindi, che ognuno partecipò alla Guerra di Liberazione nei modi e nelle forme più disparati. Se non si comprendesse questo  sarebbe difficile parlare di un argomento così complesso e delicato. Per questo motivo ci siamo avviati alla stesura del Dizionario con l’intento di dare un supporto didattico allo studio ed alla conoscenza di un periodo storico complesso ma fondamentale per comprendere l’origine delle nostre odierne Istituzioni ed in ultima analisi della nostra Democrazia. 

giovedì 10 agosto 2023

Rivista QUADERNI

 

 

 

SOMMARIO

 “QUADERNI” DEL NASTRO AZZURRO”

Anno LXXXIV, Supplemento XXIX, 2023, n. 2,

28° della Rivista. Aprile – Giugno 2023

www.istitutodelnastroazzurro.org, www.cesvam.org

 

Editoriale del Presidente Carlo Maria Magnan

IL MONDO DA CUI VENIAMO: LA MEMORIA

 

APPROFONDIMENTI

Francesco Maria Atanasio, La presenza italiana in Estremo Oriente XIX e XX secolo: diplomazia

              e forze armate.

Giovanni Riccardo Baldelli, Il Valore Militare e la Divisione “Perugia”…

DIBATTITI

Sergio Pirolozzi,Giulio Douhet, il generale che conquistò il cielo.

Giorgio Madeddu, Quando gli iglesiensi persero la medaglia d’oro al Valore Militare e né ricevettero in cambio,

             quattro d’argento. Il fatto dei Ponti di Santa Caterina del 17 gennaio 1973

ARCHIVIO

Massimiliano Monti, Origine, Sviluppo ed Organizzazione delle SS in Germania.

MUSEI, ARCHIVI E BIBLIOTECHE

Valentina Trogu, L’urbicidio di Civitavecchia, racconto di una storia attualizzabile.

Giorgio Madeddu, Il Cimitero Militare Italiano dell’Asinara. Anno 1916. Necessità di un restauro per una

                               questione di dignità.

 

IL MONDO IN CUI VIVIAMO: LA REALTA’ DI OGGI

 

UNA FINESTRA SUL MONDO

Antonio Trogu, New Start. La Russia ne sospendete l’applicazione

GEOPOLITICA DELLE PROSSIME SFIDE

Massimo Coltrinari, Lo Stato. Analisi parametrale. LO schema analitico degli scenari  Parte II

SCENARI, REGIONI QUADRANTI

Nicolò Paganelli,  Lo Stato. Analisi Parametrale. Il Messico

Posteditoriale

 

Segnalazioni Librarie. …

Autori. Hanno collaborato a questo numero.

Articoli di Prossima Pubblicazione.

 

                                     CESVAM NOTIZIE

I “Quaderni on Line”, Supplemento on Line, Anno LXXXIII, VII, 2022, Luglio 2022, n. 78

I “Quaderni on Line”, Supplemento on Line, Anno LXXXIII, VIII, 2022,  Agosto 2022, n. 79

I “Quaderni on Line”, Supplemento on Line, Anno LXXXIII, IX, 2022, Settembre 2022, n. 80

“Quaderni” on line sono su: www.valoremilitare.blogspot.com

PER FINIRE

Massimo Coltrinari,  Il Valore Militare attraverso le Cartoline Militari ed oltre

 

INFO contatti e richieste a : segreteriagenerale@istitutonastroazzurro.org