Prof. Sergio Benedetto Sabetta
“Fu una battaglia degna di essere ricordata
per il rabbioso coraggio delle truppe inglesi e per la straordinaria
incompetenza dimostrata dai generali di ambo le parti”
(Woodham - Smith, Balaclava, Rizzoli 2002)
Nell’attuale tumultuosa fase storica si
è ripresentata la necessità dell’esame dei criteri e degli impulsi che stanno
dietro alla creazione di una leadership, tanto più che il tutto è stato
notevolmente modificato dall’introduzione dell’informatica che attraverso i
vari sistemi di comunicazione ha reso più pregnante e sottile controllo e
leadership, anche attraverso uno svuotamento culturale a partire dalle nuove
generazioni che ha permesso di passare
dalla prevalente repressione alla più sottile suggestione che permette una
repressione indiretta, come già intuito da Gunther
Anderss.
Solitamente i membri del gruppo forniti
di leadership formale hanno la tendenza a proporre/imporre le proprie idee, avendone
i mezzi per indurre i membri del gruppo a modificare il loro agire, tuttavia
l’influenza sociale è un processo bidirezionale, circostanza che porta comunque
ad una influenza sull’azione del leader.
Accanto allo status riconosciuto e
formalizzato, vi sono leadership informali che possono nascere dalla
personalità (teoria della personalità) o dalle richieste funzionali della situazione
(teoria situazionale).
Si realizzano nel gruppo due
leadership, una esperta del compito, l’altra nel settore socio-emozionale, la
prima fornita dalle abilità tecniche necessarie, la seconda capace di fornire
risposte alle manifestazioni emotive all’interno del gruppo, i due ruoli
possono essere separati e convergenti, ma questo non esclude la possibilità di
raccoglierli in una unica leadership; pertanto il leader migliore risulta
essere colui che pur riuscendo a realizzare le attività del gruppo resta
sensibile alle opinioni e ai sentimenti dei membri.
Il fattore efficienza della leadership
si realizza praticamente come una variabile dipendente tra stile del leader e
tipo di situazione da affrontare, in altre parole l’atteggiamento del leader
dipende dalla situazione più o meno favorevole (Modello interazionista).
Fiedler
ha individuato a riguardo tre elementi che determinano la “favorevolezza”
della situazione:
·
L’atmosfera del
gruppo (fiducia, lealtà, rispetto);
·
La struttura del
compito, in cui vi siano istruzioni chiare per raggiungere uno scopo ben
definito;
·
Il potere che
possiede il leader in termini di ricompense e sanzioni.
In questo schema si può osservare che la relazione
leader-membri è la più importante, solo successivamente si strutturano il
compito e il potere, deve comunque notarsi che in gruppi caratterizzati da una
forte componente tecnica è su questa capacità che si fonda una notevole parte
della leadership.
Recentemente l’aspetto piuttosto
statico dello schema di Fiedler , per
il quale i tratti di una personalità restano immodificabili, è stato sottoposto
a critica in favore di una analisi della leadership come processo, emerge a
tale proposito l’importanza delle norme nella regolamentazione del
comportamento del gruppo, infatti viene evidenziato che ciascun individuo è
influenzato dalle norme comportamentali costituite nel gruppo talché il leader
è custode delle norme, ma può anche essere elemento innovativo proponente
l’adozione di nuove norme.
Hollander
osserva che la leadership si costruisce inizialmente sulla propria
“credibilità” di fronte al gruppo, definita come “credibilità idiosincratica”
questa fornisce la legittimità necessaria per influenzare i membri e innovare
le regole del gruppo, uno dei momenti fondamentali in questo processo è quello
di adeguarsi inizialmente alle norme del gruppo stesso, dobbiamo considerare
che tre sono le fonti di legittimità:
·
Il processo
mediante il quale il leader ha raggiunto la propria posizione, elezioni interne
o esterne, nomina da autorità esterna o altro;
·
Capacità di
raggiungere i compiti del gruppo;
·
Identificazione
del leader con gli ideali e le aspirazioni del gruppo.
Inoltre devono considerarsi i rapporti esistenti tra i gruppi, infatti sussiste una stretta
interdipendenza tra i processi all’interno del gruppo e quelli tra i gruppi, la
leadership viene consolidata dalla capacità relazionale intergruppi.
Bavelas concepisce i gruppi come “legami” di comunicazione nel
quale la leadership assume un ruolo corrispondente ad un “indice di centralità”,
in cui tuttavia la crescente complessità dei compiti impone l’analisi e
l’integrazione di una maggiore quantità di informazioni, circostanza che
conduce ad una decentralizzazione della comunicazione nel gruppo a seguito di
una sua superiore efficienza in presenza di una elevata elaborazione.
La funzione
integrativa che ricade solo su un soggetto può determinare un “sovraccarico
cognitivo”, si ché risulta più economico non centralizzare eccessivamente i
processi decisionali compensando rapidità di decisione e necessità di una ampia
raccolta ed elaborazione delle informazioni.
Altro elemento che interviene in un gruppo è la motivazione che per Vroom è una combinazione moltiplicatoria dell’aspettativa, intesa
quale probabilità soggettiva al raggiungimento di un determinato obiettivo, con
l’utilità soggettiva che il soggetto attribuisce alla meta-incentivo (teoria aspettativa - valore).
La formazione dell’aspettativa
è a sua volta il risultato del rapporto della scala di valori propri
dell’individuo con la specifica esperienza nel promuovere i comportamenti
necessari al raggiungimento dell’obiettivo, il raggiungimento della meta-incentivo
costituisce una funzione di rinforzo nel confermare l’impegno senza mai
confondere la “valenza dell’incentivo”, come soddisfazione anticipata, dal
“valore del risultato”, in cui vi è una soddisfazione reale.
In qualsiasi decisione rimane comunque la possibilità
di una “dissonanza cognitiva”, per cui il processo di decisione non si
esaurisce con la decisione stessa, ma restano sempre presenti le possibili
alternative scartate, si ché necessita una continua riconferma della decisione
presa al fine di ridurre tale tensione.
Questo può accadere in quanto, secondo la “teoria
della dissonanza cognitiva”, l’individuo tende a mantenere una certa coerenza
tra conoscenze, credenze e opinioni costituenti i propri elementi cognitivi,
questo induce ad eliminare la dissonanza proprio all’interno del dato cognitivo
dissonante di minore resistenza.
L’intensità della dissonanza cognitiva deriva
dall’importanza che la decisione ha per l’individuo, il numero delle
alternative che si presentano, le caratteristiche positive e negative delle
alternative.
Se il vincolo su una decisione è esterno l’intensità
della dissonanza è in rapporto inverso al valore dell’incentivo e viene a
diminuire nel tempo.
Questo bisogno di coerenza
mentale è caratteristico dell’attività post- decisionale, del tutto
differente dal “conflitto” che precede la decisione, nonché dal “rimpianto”,
nel quale si rifiuta la decisione presa polarizzandosi sugli attributi positivi
dell’alternativa rifiutata, ma il gruppo può essere anche un luogo conflittuale,
fonte e origine di frustrazione, del sorgere di ostacoli alla soddisfazione dei
propri bisogni, che diventano carichi di emotività, sia nell’ipotesi di
ostacoli ambientali organizzativi che nell’ipotesi inversa di carenze personali
psicologiche o professionali.
Tuttavia nonostante sia una esperienza spiacevole la
frustrazione non è sempre negativa e destabilizzante sul comportamento, se non
addirittura utile ai fini di una maturazione dell’individuo, quello che la
caratterizza è la sua intensità, la durata della stessa, la possibilità di
superarla mediante compensazione, nonché la sua arbitrarietà, pertanto la
tollerabilità del livello di frustrazione costituisce un indice della
maturazione dell’individuo, come la capacità di analisi critica del proprio
comportamento.
Se il fattore tempo è un elemento fondamentale sulle
dinamiche della frustrazione, altri “meccanismi di difesa” come l’autoinganno
possono favorire l’adattamento psicologico dell’individuo proteggendone
l’autostima.
Dobbiamo considerare che l’organizzazione è fonte di
incentivi per alcuni elementi propri dell’uomo, quali il successo, lo sviluppo,
l’autorealizzazione e la sicurezza.
In essa si sviluppano sentimenti quali l’orgoglio che
può assumere due facce opposte, quella di un alto livello di autostima o al
contrario di narcisismo, quando il singolo si pone quale causa predominante di
un evento nella prima ipotesi, instabile e controllabile, orientata
all’obiettivo, nella seconda stabile e non controllabile, presuntuosa rappresentazione
relativa al proprio sé globale.
Bibliografia
·
D. Campus, Lo
stile del leader. Decidere e comunicare nelle democrazie contemporanee, Il
Mulino, 2016.
Gunther Anders, L’uomo è antiquato, B