Posta a ridosso immediato
di Ancona, piazzaforte marittima del medio Adriatico, Jesi all’inizio del
novecento per questa sua posizione vedeva nascere il suo ruolo militare che
durò fino al 1947, ovvero all’indomani della fine della seconda guerra
mondiale.
Questo ruolo si sviluppò
in relazione al concomitante sviluppo del mezzo aereo, che, ai primi del
novecento, era ai primi passi; ancora non ci si dibatteva se era più
conveniente il “più leggero dell’aria”, ovvero quello che sarà chiamato
Dirigibile o Aeronave, o il più pesante dell’aria”, ovvero l’aereo vero e
proprio, con carlinga, ali motore e timone; entrambi fornivano al tempo
vantaggi e svantaggi, in un equilibrio che fu risolto solo a metà degli anni
trenta ( spedizione in Artide del Dirigibile “Italia” e naufragio dello Zeppelin
in appontaggio nel 1939 a New York).
Jesi, in questo contesto, fu uno dei principali
aeroporti per Dirigibili dell’inizio del novecento.
Il primo aeroporto nelle
Marche fu quello di Senigallia, nel quale il pilota jesino Riccardo Ponselli si
esercitava con altri piloti, il pergolese Giulio Brilli Cattarini e Muzio Gallo
di Osimo. L’hangar di Senigallia era di modeste proporzioni e ospitava tre
piccoli velivoli. A causa di un incendio venne distrutto, le fiamme
incendiarono anche i tre velivoli. Nell’agosto del 1911, prima dello scoppio
della guerra Italo Turca in un rapporto segreto inviato dallo Stato Maggiore
della Regia Marina al Ministero della Guerra, si dichiarava che per sorvegliare
l’Adriatico e garantire l’esplorazione sicura del mare sarebbe tornato utile
l’impiego dei Dirigibili. Allo scopo vennero scelte tre zone strategiche nelle
quali realizzare altrettanti aeroscali: a Venezia (Alto Adriatico) a Jesi
(Centro Adriatico) e a Taranto o Brindisi (Basso Adriatico). Per la scelta
dell’area destinata alla costruzione di un aeroscalo per dirigibili, venne
inviato a Jesi il capitano De Cristoforo. La scelta dell’area cadde in parte
della zona dell’attuale ZIPA. L’Aeroscalo jesino, costruito nel 1913, era un
aeroscalo dell’Aviazione della Regia Marina in quanto al tempo le due forze
Armate, Esercito e Marina, avevano la
propria aviazione; consisteva in un enorme capannone di ferro, il vero proprio
hangar, ed in varie palazzine e strutture minori, ed era in sistema e collegamento con il Comando Marittimo del
Medio Adriatico di Ancona ed il Comando del VII Corpo d’Armata territoriale.
L’aeroscalo nel 1914 e 1915 si sviluppò ospitando Dirigibili.
Impiegati con successo i
Dirigibili in Libia, con le esperienze di questa guerra, si costruirono i
dirigibili della classe “M” più grandi e più potenti di quelli della serie
precedente, I nuovi dirigibili erano destinati a compiere ricognizioni in
profondità e bombardamento a grande distanza. Si costruirono anche altri tipi
chiamati “V” (Veloci) e “P” (Pesanti) ed i citati “M” (Medi). I Dirigibili Medi
avevano queste caratteristiche: 12.000 metri cubi 2 motori velocita 60km, 10
ore di autonomia; 600 Kg. Di portata a 2800 metri di quota. Per quel tempo
(1913) erano dati estremamente significativi.
I più famosi dirigibili
di questa serie, con cui affrontammo l’inizio della Grande Guerra, furono il
“Città di Jesi”, che aveva la sua sede all’aeroscalo di Ferrara, ed il “Città
di Ferrara” che aveva la sua sede all’aeroscalo di Jesi. Il Dirigibile “M”, a cui fu imposto il nome “Citta di Jesi”, “in onore della città delle Marche che
ospitava il secondo aeroscalo per dirigibili della Marina”, iniziò le prove
di collaudo a Vigna di Valle, ma dovendosi completare ulteriori prove, fu
trasportato per ferrovia a Ferrara, mentre il Dirigibile “M” “Citta di Ferrara”
al comando del tenente di vascello
Castruccio Castracani si trasferiva all’aeroscalo di Jesi. Il 29 Maggio 1915,
nella sala consiliare del Comune di Jesi si svolse una solenne cerimonia
durante la quale venne consegnata alla Regia Marina la bandiera di
combattimento dell’aeronave “Città di Jesi” nelle mani del Tenente di Vascello
Castrucci Castracani degli Anterlminellli e del tenente di Vascello Carlo
Barzagli. La cerimonia è ricordata in una pergamena tutt’oggi conservata presso
la Biblioteca Comunale di Jesi, ove si possono leggere chiaramente le firme dei
due ufficiali di Marina, del Sindaco, Avvocato Giuseppe Abbruzzetti, del
Vescovo, mons. Giuseppe Gandolfi e della Presidentessa del Comitato promotore
della iniziativa, Marchesa Erminia Saronni Honorati,
Sotto il profilo
operativo, Jesi, con Ancona, vanta il triste primato di essere state le prime
città italiane attaccate, nella Grande guerra, dal mare e dall’aria da parte
del nemico austro-ungarico. Come noto la flotta austriaca la prima notte di
guerra, ovvero all’alba del 24 maggio 1915 si presentò davanti alla coste
romagnole e marchigiane e bombardò Porto Corsini, Rimini, Pesaro, Senigallia ed
Ancona. Il bombardamento costò alla città dorica oltre 67 morti e diverse
centinaia di feriti. Idrovolanti della Marina Austriaca, sorvolando la loro
flotta, proseguirono oltre Ancona, che non
fu bombardata dall’aria, e proseguirono per Jesi, lasciando cadere
sull’Hangar diverse bombe, ma non ci furono vittime, ma solo un incendio che
presto fu domato.
Si può dire che Jesi fu la prima città italiana
bombardata dall’aria nel Corso della Grande Guerra.
Gli idrovolanti austriaci
erano alla ricerca del “Città di Ferrara” che aveva lasciato Jesi poche ore prima della Mezzanotte del 23
maggio 1915 per la sua prima missione di guerra: bombardare Pola e le sue
installazioni militari. Lo stesso per il “Città di Jesi” che lasciata Ferrara
stava operando anche lui verso la costa Istriana. I due Dirigibili erano in
pinea attività operativa ma ben presto ci si accorse che questo mezzo non era
in grado di svolgere il ruolo di bombardamento che veniva loro richiesto per la
loro vulnerabilità. Infatti il loro ciclo operativo non durò più di qualche
mese. Il 7 giugno 1915 il “Città di Ferrara” lascia per l’ultima volta
l’aeroscalo di Jesi per una missioni di bombardamento sulla città di Fiume, con
l’obiettivo di bombardare gli stabilimenti della Whitehead ed i cantieri
“Danubisi”, che riesce. Notevoli i danni arrecati, sembra che l’azione di
bombardamento strategico sia riuscita. Sulla rotta di ritorno, all’altezza
dell’Isola di Veglia, il dirigibile è fatto segno a intenso fuoco di fucileria
e mitragliatrici. Colpito in più parti, è costretto ad ammarare. Con l’impatto
con l’acqua l’involucro prende fuoco; periscono un ufficiale ed un meccanico;
il comandante Castracane e l’equipaggio vengono, salvati e fatti prigionieri da
un cacciatorpediniere austriaco.
Stessa sorte toccò al
“Città di Jesi” al comando del ten. di vascello Bruno Brivonesi. Nella notte
tra il 4 e 5 agosto 1915, con la missione di bombardare i cantieri navali di
Pola il “Città di Jesi” nella rotta di avvicinamento, a 2800 metri viene
inquadrato dalle fotoelettriche austriache e fatto segno ad intenso fuoco di
fucileria e di contraerea. Viene colpito nella zona poppiera e vi è una fuga di
gas, che costringe il dirigibile ad ammarare. L’equipaggio viene salvato da una
motobarca austriaca e fatto prigioniero. Prima di cadere prigioniero il
comandante Brivonesi riesce ad affondare la bandiera di combattimento donata
dalla cittadinanza di Jesi.
Con la perdita del “Citta
di Jesi” e del “Citta di Ferrara” termina la fase di bombardamento strategico
in profondità ad opera dei dirigibili La Regia Marina ordina altri due
Dirigibili, che verranno destinati alla esplorazione ed alla sorveglianza, ed
avranno un ruolo fondamentale nel presidio dello sbarramento del Canale
d’Otranto nel corso della guerra.
L’aeroporto di Jesi è
base anche di squadriglie di aerei che si integrano con gli idrovolanti della
Stazione marittima di Ancona e del campo di aviazione di Varano, sotto Osimo,
per la difesa della piazzaforte.
Da ricordare sul finire
del 1915 il tentativo di d’Annunzio di lanciare manifestini e messaggi
tricolori su Zara. Dopo che il 5 agosto il Poeta, con pilota il tenente di
vascello Miraglia, aveva sorvolato Trieste lanciando messaggi tricolori ed il
20 settembre, anniversario di Porta Pia, traendo con identica missione lo
stesso bel risultato, il 26 Dicembre 1915 era tutto pianificato per fare la
stessa missione su Zara. Il piano prevedeva la partenza degli aerei da Venezia,
rotta sud fino ad Ancona, con scalo o a Varano o a Jesi, poi un balzo verso
Zara con l’appoggio di navi lungo la rotta. Dopo aver sorvolato Zara, rientro
per lo stesso tragitto. Purtroppo il 24 dicembre 1915, in un volo finale di prova,
in un incidente mortale perse la vita Miraglia e tutta la missione fu
annullata. Di questa impresa non realizzata dimane ampia traccia negli scritti
di Gabriele d’Annunzio.
Rimaneva il significato
strategico dell’aeroporto di Jesi: ogni iniziativa aerea nel medio Adriatico
non poteva prescindere da questo aeroporto,
Nel 1917 anche
l’Aviazione dell’Esercito porto sue squadriglie a Jesi, per incrementale l’attività
offensiva, nel quadro della “battaglia in porto” e della “guerriglia marittima”
volute da Thaon di Revel. Jesi era perfettamente inquadrato in quella Trincea
Marittima che andava dal Timavo, per Venezia, Ancona, Brindisi e con lo
sbarramento del Canale d’Otranto fino in Albania. La flotta austriaca era
costretta, come avrebbe scritto D’Annunzio” a vivere ferma nei suoi porti “la
gloriuzza di Lissa”. In questa lotta mista di colpi di mano e propaganda, Jesi
subì da parte austriaca altri bombardamenti, di cui uno, del 27 settembre 1917
provocò notevoli danni. Secondo alcuni, il bombardamento del 5 settembre 1918,
che arrecò anch’esso notevoli danni, fu uno degli ultimi bombardamenti aerei di
quel conflitto.
Jesi, come città, al pari
di quelle settentrionali come Padova, Venezia, Treviso, Vicenza e Verona, e
della altre soggette ad incursione aerea, si doto di particolari difese antiaeree.
In particolare la nostra difesa contraerea aveva portato sui tetti
mitragliatrici e fucili, dando vita a quella curiosa specialità che prevedeva,
su altane poste sui tetti, fucilieri e mitraglieri serrati l’un coltro l’altro;
dato che il personale era della Regia Marina furono definiti “marinai di
grondaia”, da una espressione coniata a Venezia dalla diceria popolare. Pensare
che anche a Jesi vi fossero dei “marinai di grondaia” sottolinea il ruolo
importante assunto dall’aeroporto, che si affermò nella Grande guerra e poi
anche in seguito.
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